giovedì 5 aprile 2007

DICO e fede: solo Vaticano oppure.......

Il post che segue è tratto dal sito www.refo.it, che invito caldamente a visitare e sostenere e contiene una lettura diversa del rapporto tra cristianesimo, famiglia, PACS, DICO ecc.
Un tema sul quale tornerò sino alla nausea nei prossimi post.


Per una legge sulle coppie di fatto
di Eugenio Bernardini, vice moderatore della Tavola valdese


Da un po’ di tempo i vertici della gerarchia cattolica italiana stanno diffondendo la seguente tesi: estendere dei diritti a chi non li ha sarebbe lesivo dei diritti di chi li ha già. Ciò varrebbe per una legge che riconosca diritti e doveri delle coppie di fatto perché "intaccherebbe" i diritti della famiglia, "scardinerebbe" il modello di famiglia monogamica tradizionale entrando "in concorrenza" con essa (secondo le dichiarazioni del 28 gennaio di mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI). Ciò varrebbe anche per una legge sulla libertà religiosa o per l’estensione di Intese – lo strumento giuridico previsto dall’art. 8 della Costituzione e già in vigore per alcune chiese protestanti, tra cui i valdesi-metodisti, e per le comunità ebraiche – che in qualche modo lederebbero la posizione della Chiesa cattolica (sempre Mons. Betori alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, audizione del 9 gennaio scorso).
Dato che non credo che la gerarchia cattolica italiana pensi che i diritti siano disponibili in una quantità limitata, per cui darne agli uni significherebbe toglierne agli altri, non resta che pensare che così voglia contribuire a creare un modello di società tendenzialmente autoritario, in cui il cittadino viene "guidato" verso modelli "giusti" e unici di convivenza e non sia tentato da modelli "sbagliati", da "amori fragili" e sessualità indistinte. Una società con una libertà religiosa, e quindi una laicità, limitata o moderata (naturalmente "giusta" contro una "sbagliata"), in cui il cattolicesimo, non più religione di Stato, resti pur sempre al centro come "la religione degli italiani", consentendo un riconoscimento giuridico dignitoso (le Intese) per quelle piccole e antiche espressioni religiose minoritarie, come gli ebrei e i valdesi, ma lasciando fuori gli altri, portatori di una religiosità vaga e forse, anch’essa, "fragile" o "sbagliata".
Si potrà dire: niente di nuovo, così è andata per la legge sulla gravidanza assistita, così andò per le leggi sull’interruzione di gravidanza e sul divorzio. E così va per le normative sull’ora di religione cattolica nelle scuole, sull’immissione a ruolo dei suoi insegnanti e su tutte le questioni che mettono in campo dei "valori" o dove si intersecano questioni sensibili per la religione e per la società.
E’ bene ricordare che il nostro approccio di metodisti e valdesi è proprio un altro, alternativo a quello cattolico. Noi vogliamo promuovere una società in cui si sia e ci si senta cittadini pienamente responsabili, in cui le persone possano scegliere consapevolmente, e quindi in modo informato, tra opzioni diverse, in cui possano convivere culture e modelli diversi. Insomma, una società al plurale e non al singolare, basata su principi di uguaglianza e solidarietà. Ma non per questo confusa e indistinta. L’attività legislativa deve servire proprio a regolare le situazioni più varie, estendendo il più possibile la definizione di diritti e doveri, riconoscendo la legittimità di una pluralità di comportamenti e modelli, religiosi e laici, privati e pubblici. La legge sul divorzio non ha forse dato la possibilità di creare nuove famiglie, definendo contemporaneamente i doveri verso quella di provenienza? E la legge sull’interruzione di gravidanza non ha combattuto la piaga degli aborti clandestini? E perché una legge sulle unioni di fatto non dovrebbe dare un maggior "ordine" all’esistenza di milioni di italiani, definendo diritti e doveri anche in quei focolari? E perché una legge sulla libertà religiosa dovrebbe farci perdere la nostra identità? Dove sta la minaccia? Insomma, non confondiamo cause ed effetti: non è la legge che crea la realtà, la legge interviene sempre a disciplinare una realtà che c’è già.
Ciò non impedisce, e non impedirà, a chiese, religioni, gruppi sociali e culturali di proporre legittimamente scelte di vita preferenziali, indicare e sostenere valori il più possibile diffusi. Ma, appunto, in un contesto plurale di libertà responsabile.
Torre Pellice, 30 gennaio 2007

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